sabato 28 novembre 2009

L'amore ai tempi dell'Ikeda...



Ryoko Ikeda. Quando leggo questo nome, che per me rappresenta ben più del semplice nome di un’autrice, mi aspetto sempre grandi tragedie, drammi personali e infiniti, intimi, che fanno dell’accettazione di sé il fulcro. Ed ogni volta che mi capita un’opera di questa straordinaria autrice in mano, mi ritrovo a divorare ogni parola e questo in qualsiasi lingua io legga una sua storia. Ed ogni volta che chiudo un volume (o come in questo caso, un file) in lacrime, mi dico che con l’ultima opera letta, la Ikeda abbia dato il massimo, che la prossima storia che leggerò, probabilmente non mi farà sentire così. Ed ogni volta mi ritrovo a ricredermi. Probabilmente, il mio amore per Ryoko Ikeda nasce nell’infanzia: il suo Versailles no bara (Le rose di Versailles), più conosciuto internazionalmente come Lady oscar, è stato uno dei miei miti infantili. Una di quelle serie che entrarono nel mio immaginario di bambino e che mi fecero innamorare di un certo modo di trattare la tragedia umana. Il manga lo lessi prima da bambino, in una delle raccolte del Giornalino di Lady Oscar (al tempo allegato a Candy Candy) che di tanto in tanto giravano per casa mia. Il manga e l’anime differivano quasi completamente, eppure causa forse un forte amore proprio per il personaggio di Oscar, cominciai a interessarmi a questa autrice consumando quei giornalini (che nel ’92 mi ricapitarono in mano grazie ad un’amica e divennero uno dei miei tesori). Quando durante l’età della ragione (adolescenza, chiamiamola ragione…) la Granata Press presentò un’edizione di Lady Oscar in volumi, nel bianco e nero originale e nella sua versione integrale, capii quanto la Ikeda fosse una maestra. Ancora oggi mi ritrovo in lacrime ogni volta in cui leggo il finale di Oscar (l’ultima volta, a Tokyo, scoppiai a piangere in metropolitana, seduto vicino a un vecchio che mi disapprovava totalmente). Poco tempo dopo l’uscita di Oscar per Granata Press, uno dei primi timidi tentativi di far uscire lo shoujo manga allo scoperto lo si fece proprio con la Ikeda e la Igarashi: la Star comics, dopo i 7 numeri di Georgie (bello, bellissimo, ma…) pubblicò i 4 volumi di Caro fratello (Oniisama e…) e non sto scherzando se dico che nel corso degli anni ho dovuto ricomprare i volumetti più volte perché consumati a forza di leggerli. Con Caro Fratello ero sicuro di aver raggiunto il massimo dell'emozione e in un certo senso è stato così, ma nei primi anni del nuovo secolo la Planet manga ha pubblicato Orpheus no mado (La finestra di Orfeo) con il semplice titolo di Orpheus, e anche questa volta, nonostante la lunghezza dell’opera e il cambio di stile a un certo punto della storia, rimasi incollato a quelle pagine: piangendo, sorridendo, stando male.
Forse l’unica vera delusione l’ho avuta con le storie brevi dedicate a Lady Oscar, denominate Le storie gotiche e con il volume scritto dalla Ikeda e disegnato da Erika Miyamoto, Elisabetta. Nelle ultime settimane, Eroica, il “seguito” di Lady Oscar che è la biografia di Napoleone, mi ha lasciato sorpreso e commosso in alcuni passaggi (ma Eroica sarà oggetto di una delle prossime recensioni, quindi non vi dico nulla)… E così, stamattina ho finalmente deciso di leggere Claudine: pur possedendo il volumetto in giapponese, nell’attesa di finire Seito Shokun lo avevo messo da parte, ma quando girando per siti ho trovato l’edizione in scanlation (che del volumetto riprende solo la storia principale, tralasciando Ame agari, un’altra storia breve che non c’entra nulla), ho deciso che potevo anche leggerlo così.
E come dicevo all’inizio, dall’Ikeda mi aspetto tragedie umane verosimili, tragedie morbose, incontrollate. Tragedie che vedono in gioco destini più grandi di noi. E anche questa volta non sono stato deluso.
Ryoko Ikeda e l’ambiguità sessuale sono legate da un doppio filo: in moltissime opere di questa oggi cantante lirica, il tema del travestitismo e dell’identità sessuale è centrale e Claudine (che risale al 1978) non ne è esente.
La giovane Claudine è stata cresciuta come un maschio, questa volta non perché il “buon padre voleva un maschietto” ma perché dopo tre figli maschi somiglianti in maniera impressionante alla madre, Claudine era nata fin troppo uguale a lui. Ma al contrario di Oscar, costretta in un ruolo non suo, Claudine segue il suo istinto che la porta a sentirsi un maschio, che la porta ad innamorarsi di donne ed affermare di essere un ragazzo fin dall’età di 8 anni. E per come viene rappresentata, la sua figura molte volte è quella di un maschio, un uomo, gli uomini della Ikeda, senza dubbio. Questo suo sentirsi uomo sarà proprio il perno su cui ruoteranno i suoi amori, tre donne e una quarta mai ricambiata, ognuna di loro (ad eccezione della povera Maura, che mi è sembrata più una vittima) a suo modo ambigua, tutte completamente pazze e in alcuni casi perverse, ma questa sembra caratteristica comune delle personalità da cui Claudine è circondata. Una storia breve, solo un centinaio di pagine, intensa, tragica, umana come solo la Ikeda sa fare. Non escludo una sua pubblicazione italiana, vista la riscoperta di Ryoko Ikeda da parte degli editori italiani.

Claudine è scaricabile qui (nella sezione completi)

Guida alla lettura:
-      Arthur Rimbaud (20 Ottobre 1854 – 10 Novembre 1891) è un poeta francese. Nel tardo ottocento rivoluzionò completamente le convenzioni sociali e letterarie dell’epoca. Sregolato ed eccessivo, amante di un altro esponente di spicco della poesia, Paul Verlaine, Rimbaud passò la sua vita vagabondando e sostenendo la tesi del “poeta veggente”. Addirittura visse in Africa, nella quale scoprì di avere un tumore al ginocchio destro che lo portò all’amputazione di una gamba, che comunque a causa dell’avanzato stadio del male gli procurò la morte poco dopo.


L’autrice – Ryoko Ikeda

Autrice dal gande talento, originaria di Osaka, nasce nel 1947. Il suo primo lavoro è “Bara yashiki no shoujo” (La ragazza della casa delle rose).
Nel 1972, opponendosi a redattori presuntuosi che dicevano che una serie a sfondo storico non avrebbe avuto nessun appeal presso il pubblico della rivista Margareth, dà alle stampe Versailles no bara conosciuto nel mondo come Lady Oscar, da cui qualche anno dopo saranno tratti un noiosissimo e banale film dal vivo e una serie animata bellissima che consacra la serie fuori dai paesi asiatici. La Ikeda ha dichiarato di non aver mai visto l’anime ed in effetti si era inizialmente opposta ad una trasposizione animata della sua creatura.
Nel 1975 crea Caro fratello (anche questo nei primi anni ’90 trasposto in anime) e l’anno dopo Orpheus.
Nel 1982 affronta l’impegnativo “Jotei Ekaterina” (L’imperatrice Ekaterina).
Nel 1986 finalmente decide di essere sufficientemente matura per affrontare una biografia di Napoleone e comincia Eroica.
Nel 1995 comincia a prendere lezioni di canto lirico, nel quale si diplomerà nel 2000. Attualmente a parte “Berubara kids”, serie di strisce comiche dedicate a Lady oscar, la Ikeda si occupa più delle sceneggiature che dei disegni, ormai lasciati in mano alla sua assistente prediletta Erika Miyamoto.
Nel 2008 il governo francese le ha assegnato la Légion d’honneur per il suo contributo nella diffusione della cultura e della storia francese nel mondo grazie alle sue opere.

Le opere della Ikeda edite in Italia:
Lady Oscar (ne esistono ben 4 versioni, ma la più recente e completa è senz’altro quella della D/Visual)
Lady oscar – le storie gotiche (sembrerebbe fuori catalogo)
Caro fratello (esaurito)
Orpheus (esaurito)
Elisabetta
Eroica
Rosa pasticcio (pubblicato sul giornalino di Candy Candy negli anni '80)

Primo amore (pubblicato sul giornalino di Candy Candy negli anni '80)

Altre opere in scanlation in italiano:
Rosa pasticcio – Prossimamente sullo SMOP

1 commento:

  1. Pur essendo un manga vecchio, ho visto recentemente l'anime di Caro Fratello e l'ho trovato insensato sotto tutti i punti di vista! Credo che la Ikeda non faccia altro che ripetere sempre gli stessi clichè, in maniera infinita, con un concetto di omosessualità assurdo, messo lì, come specchietto per le allodole, per solleticare solo la morbosità del lettore!Alla fine, ogni "ragazza omosessuale" ritorna nel tranquillo mondo dell'eterosessualità, dopo aver passato la sua fase di iniziazione omo...mi domando che razza di adolescenza abbia vissuto l'autrice. E'un messaggio del tutto distorto. Mi stupisco che, come autrice, venga amata dal mondo gay. Non ha senso.
    J.

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