mercoledì 2 dicembre 2009

L’urlo silente della figlia del destino

 

Questa è la storia di due gemelli, un maschio e una femmina, Tatara e Sarasa, i figli del destino che un giorno avrebbero liberato il Giappone. Ed è proprio dall’infanzia della dolce e vivace Sarasa che prende il via la storia: è il momento dell’investitura di suo fratello Tatara, il quale riceverà la spada Byakko, simbolo di forza e libertà. E lei è lì, inutile, con l'intero paese in festa e tutti dimentichi del suo dodicesimo compleanno, come se solo il gemello fosse nato quel giorno. Come se esistesse solo il fratello maschio, il cosiddetto “figlio del destino” che un giorno libererà il Giappone, il gemello alla cui ombra è sempre vissuta. Ombra dalla quale la nostra Sarasa forse non potrà mai liberarsi per la sola colpa di essere nata femmina.
Questo perchè il destino torna a mettere le mani su quell’ombra e le truppe del re rosso, tre anni dopo, approdano nel mite paese dei due gemelli, mettendolo a ferro e fuoco e prendendosi la vita di Tatara.
Nella confusione generale, però, Sarasa ha l’illuminante idea di prendere il posto del fratello e spacciandosi per Tatara, finge che a morire sia stata Sarasa e va a scontrarsi con il re rosso e le sue truppe… Credendo di aver cambiato il corso del destino. Un destino che le riserva ben più di una sorpresa… Ambientato in un Giappone fantasy (ma sarebbe più appropriato dire post-apocalittico, dato che sembra svolgersi ben oltre il ventesimo secolo in un Giappone devastato e riportato agli albori), con scenari arabeggianti e interi deserti a farla da padrone, Basara prende il via dalla coraggiosa scelta di una donna e questa volta il travestitismo, escamotage stra-abusato in manga, anime ed entertainment vario, risulta una scelta motivata, imprescindibile dalla trama e dal destino assoluto.




Non amo le atmosfere fantasy. Quando leggo un libro fantasy (e mi è capitato con Il Signore degli anelli e con altri eccetto che con quelli di George R.R. Martin) mi confondo nomi, luoghi e situazioni. Quando leggo un manga fantasy alla fine non ci capisco più niente. Per me magie, draghi, elfi, lesbiche guerriere e mostri indistruttibili sono come l’elfico per la gente comune e quindi mi confondo forse anche troppo. L’effetto confusione non l’ho assolutamente percepito con Basara. Sarà l’ambientazione da fantasy giapponese, saranno i grandi occhioni di Sarasa/Tarata che mi hanno conquistato, ma pagina dopo pagina, la mia mente non cominciava a confondersi sul chi fosse quel tal personaggio anzi, si concentrava sempre di più sullo svolgimento di questa avventura lunghissima. Lo so, è un problema mio. Altrimenti il fantasy non avrebbe tutto questo successo. Ma Basara è molto più che un fantasy: è un’epopea in vecchio stile, con personaggi tratteggiati umanamente e dalle debolezze profonde e radicate, probabilmente mossi da un coraggio (Sarasa che prende il posto del fratello con una rapidità assurda può essere un esempio) che è più dettato dall’impulsività che dall’orgoglio e tutti comunque vittime del loro destino che sia questo sentimentale o eroico… Ogni personaggio ha sulle sue spalle una motivazione, un intento, un sogno, che seppur talvolta può apparire egoistico, rende la caratterizzazione di ciascuno di loro umana. Se a questo aggiungiamo che la storia d’amore va a intrecciarsi direttamente con il filo conduttore della vicenda, senza per questo fare del protagonista maschile un altro principe Kail di Anatolia story o lo Shiro della situazione che se ne sta in disparte e non risulta essere che un mero accessorio, ma anzi è fulcro, punto cruciale e perno su cui si basa gran parte della vicenda (e vi sto già svelando troppo!), capirete che dietro a Basara c’è ben più che un semplice pretesto per mostrare fanciulle innamorate su sfondi fantastici.
E forse a conquistarmi sono stati i grandi occhioni in lacrime della protagonista, o forse la protagonista stessa, per non parlare degli uomini della Tamura: alti, statuari, bellissimi, dolci e forti al tempo stesso. L’autrice può forse ricordare vagamente le Clamp, però il tratto grezzo ed elegante al tempo stesso (non saprei in che altro modo spiegarvelo!) ha un’originalità tutta sua, che in questo manga è ancora acerbo, ma che diventerà sempre più dettagliato con il passare dei capitoli (e un’opera in 27 volumi permette senza alcun dubbio ad un autore di crescere, giocare e sperimentare con il proprio tratto) e che diventerà splendido e sicuro nel più recente 7 seeds.

Basara (attualmente giunto a metà del nono volume) è scaricabile qui

L’autrice – Yumi Tamura
 

Nata il 5 Settembre nella prefettura di Wakayama. E' appassionata di libri mistery e di RPG (giochi di ruolo) specialmente Final fantasy. Debutta nel 1983 con Oretachi no zettai Jikan (Questo è assolutamente il nostro tempo) su Betsucomi, rivista shoujo di Shogakukan, andando addirittura a vincere il premio come miglior nuova artista nello stesso anno.
Dopo svariate storie più o meno brevi crea Basara, lunghissima epopea in 27 volumi, che la consacra come una delle autrici più amate in tutta l’Asia e che le ha fatto vincere il trentottesimo premio Shogakukan, visto il grande successo. Successo che non le sorriderà in occidente, dove non è quasi per niente conosciuta. Attualmente è al lavoro su 7 seeds, serie dai toni fantascientifici.
Nonostante le numerose serie, solo da Basara hanno tratto un anime, nel 1998, che si è concluso dopo soli 13 episodi per scarso successo di pubblico.


Altre opere di Yumi Tamura in scanlation in italiano:

sabato 28 novembre 2009

L'amore ai tempi dell'Ikeda...



Ryoko Ikeda. Quando leggo questo nome, che per me rappresenta ben più del semplice nome di un’autrice, mi aspetto sempre grandi tragedie, drammi personali e infiniti, intimi, che fanno dell’accettazione di sé il fulcro. Ed ogni volta che mi capita un’opera di questa straordinaria autrice in mano, mi ritrovo a divorare ogni parola e questo in qualsiasi lingua io legga una sua storia. Ed ogni volta che chiudo un volume (o come in questo caso, un file) in lacrime, mi dico che con l’ultima opera letta, la Ikeda abbia dato il massimo, che la prossima storia che leggerò, probabilmente non mi farà sentire così. Ed ogni volta mi ritrovo a ricredermi. Probabilmente, il mio amore per Ryoko Ikeda nasce nell’infanzia: il suo Versailles no bara (Le rose di Versailles), più conosciuto internazionalmente come Lady oscar, è stato uno dei miei miti infantili. Una di quelle serie che entrarono nel mio immaginario di bambino e che mi fecero innamorare di un certo modo di trattare la tragedia umana. Il manga lo lessi prima da bambino, in una delle raccolte del Giornalino di Lady Oscar (al tempo allegato a Candy Candy) che di tanto in tanto giravano per casa mia. Il manga e l’anime differivano quasi completamente, eppure causa forse un forte amore proprio per il personaggio di Oscar, cominciai a interessarmi a questa autrice consumando quei giornalini (che nel ’92 mi ricapitarono in mano grazie ad un’amica e divennero uno dei miei tesori). Quando durante l’età della ragione (adolescenza, chiamiamola ragione…) la Granata Press presentò un’edizione di Lady Oscar in volumi, nel bianco e nero originale e nella sua versione integrale, capii quanto la Ikeda fosse una maestra. Ancora oggi mi ritrovo in lacrime ogni volta in cui leggo il finale di Oscar (l’ultima volta, a Tokyo, scoppiai a piangere in metropolitana, seduto vicino a un vecchio che mi disapprovava totalmente). Poco tempo dopo l’uscita di Oscar per Granata Press, uno dei primi timidi tentativi di far uscire lo shoujo manga allo scoperto lo si fece proprio con la Ikeda e la Igarashi: la Star comics, dopo i 7 numeri di Georgie (bello, bellissimo, ma…) pubblicò i 4 volumi di Caro fratello (Oniisama e…) e non sto scherzando se dico che nel corso degli anni ho dovuto ricomprare i volumetti più volte perché consumati a forza di leggerli. Con Caro Fratello ero sicuro di aver raggiunto il massimo dell'emozione e in un certo senso è stato così, ma nei primi anni del nuovo secolo la Planet manga ha pubblicato Orpheus no mado (La finestra di Orfeo) con il semplice titolo di Orpheus, e anche questa volta, nonostante la lunghezza dell’opera e il cambio di stile a un certo punto della storia, rimasi incollato a quelle pagine: piangendo, sorridendo, stando male.
Forse l’unica vera delusione l’ho avuta con le storie brevi dedicate a Lady Oscar, denominate Le storie gotiche e con il volume scritto dalla Ikeda e disegnato da Erika Miyamoto, Elisabetta. Nelle ultime settimane, Eroica, il “seguito” di Lady Oscar che è la biografia di Napoleone, mi ha lasciato sorpreso e commosso in alcuni passaggi (ma Eroica sarà oggetto di una delle prossime recensioni, quindi non vi dico nulla)… E così, stamattina ho finalmente deciso di leggere Claudine: pur possedendo il volumetto in giapponese, nell’attesa di finire Seito Shokun lo avevo messo da parte, ma quando girando per siti ho trovato l’edizione in scanlation (che del volumetto riprende solo la storia principale, tralasciando Ame agari, un’altra storia breve che non c’entra nulla), ho deciso che potevo anche leggerlo così.
E come dicevo all’inizio, dall’Ikeda mi aspetto tragedie umane verosimili, tragedie morbose, incontrollate. Tragedie che vedono in gioco destini più grandi di noi. E anche questa volta non sono stato deluso.
Ryoko Ikeda e l’ambiguità sessuale sono legate da un doppio filo: in moltissime opere di questa oggi cantante lirica, il tema del travestitismo e dell’identità sessuale è centrale e Claudine (che risale al 1978) non ne è esente.
La giovane Claudine è stata cresciuta come un maschio, questa volta non perché il “buon padre voleva un maschietto” ma perché dopo tre figli maschi somiglianti in maniera impressionante alla madre, Claudine era nata fin troppo uguale a lui. Ma al contrario di Oscar, costretta in un ruolo non suo, Claudine segue il suo istinto che la porta a sentirsi un maschio, che la porta ad innamorarsi di donne ed affermare di essere un ragazzo fin dall’età di 8 anni. E per come viene rappresentata, la sua figura molte volte è quella di un maschio, un uomo, gli uomini della Ikeda, senza dubbio. Questo suo sentirsi uomo sarà proprio il perno su cui ruoteranno i suoi amori, tre donne e una quarta mai ricambiata, ognuna di loro (ad eccezione della povera Maura, che mi è sembrata più una vittima) a suo modo ambigua, tutte completamente pazze e in alcuni casi perverse, ma questa sembra caratteristica comune delle personalità da cui Claudine è circondata. Una storia breve, solo un centinaio di pagine, intensa, tragica, umana come solo la Ikeda sa fare. Non escludo una sua pubblicazione italiana, vista la riscoperta di Ryoko Ikeda da parte degli editori italiani.

Claudine è scaricabile qui (nella sezione completi)

Guida alla lettura:
-      Arthur Rimbaud (20 Ottobre 1854 – 10 Novembre 1891) è un poeta francese. Nel tardo ottocento rivoluzionò completamente le convenzioni sociali e letterarie dell’epoca. Sregolato ed eccessivo, amante di un altro esponente di spicco della poesia, Paul Verlaine, Rimbaud passò la sua vita vagabondando e sostenendo la tesi del “poeta veggente”. Addirittura visse in Africa, nella quale scoprì di avere un tumore al ginocchio destro che lo portò all’amputazione di una gamba, che comunque a causa dell’avanzato stadio del male gli procurò la morte poco dopo.


L’autrice – Ryoko Ikeda

Autrice dal gande talento, originaria di Osaka, nasce nel 1947. Il suo primo lavoro è “Bara yashiki no shoujo” (La ragazza della casa delle rose).
Nel 1972, opponendosi a redattori presuntuosi che dicevano che una serie a sfondo storico non avrebbe avuto nessun appeal presso il pubblico della rivista Margareth, dà alle stampe Versailles no bara conosciuto nel mondo come Lady Oscar, da cui qualche anno dopo saranno tratti un noiosissimo e banale film dal vivo e una serie animata bellissima che consacra la serie fuori dai paesi asiatici. La Ikeda ha dichiarato di non aver mai visto l’anime ed in effetti si era inizialmente opposta ad una trasposizione animata della sua creatura.
Nel 1975 crea Caro fratello (anche questo nei primi anni ’90 trasposto in anime) e l’anno dopo Orpheus.
Nel 1982 affronta l’impegnativo “Jotei Ekaterina” (L’imperatrice Ekaterina).
Nel 1986 finalmente decide di essere sufficientemente matura per affrontare una biografia di Napoleone e comincia Eroica.
Nel 1995 comincia a prendere lezioni di canto lirico, nel quale si diplomerà nel 2000. Attualmente a parte “Berubara kids”, serie di strisce comiche dedicate a Lady oscar, la Ikeda si occupa più delle sceneggiature che dei disegni, ormai lasciati in mano alla sua assistente prediletta Erika Miyamoto.
Nel 2008 il governo francese le ha assegnato la Légion d’honneur per il suo contributo nella diffusione della cultura e della storia francese nel mondo grazie alle sue opere.

Le opere della Ikeda edite in Italia:
Lady Oscar (ne esistono ben 4 versioni, ma la più recente e completa è senz’altro quella della D/Visual)
Lady oscar – le storie gotiche (sembrerebbe fuori catalogo)
Caro fratello (esaurito)
Orpheus (esaurito)
Elisabetta
Eroica
Rosa pasticcio (pubblicato sul giornalino di Candy Candy negli anni '80)

Primo amore (pubblicato sul giornalino di Candy Candy negli anni '80)

Altre opere in scanlation in italiano:
Rosa pasticcio – Prossimamente sullo SMOP

venerdì 27 novembre 2009

Rispolverando: Love + Dessin



Vi è mai capitato di innamorarvi al primo sguardo di qualcosa? A me, durante il mio primo viaggio in Giappone, nel 2002, è successo: mi trovavo alla libreria Shosen ad Akihabara e mentre facevo un giro mi sono imbattutto nelle nuove uscite manga di quella settimana e davanti a me, nel bel mezzo di tutto quel marasma di colori, a colpirmi fu un manga la cui copertina in bianco e nero, rappresentava una ragazza dai capelli corti con in bocca un lecca-lecca e una mano quasi infilata nei pantaloncini. Sulla ragazza la scritta LOVE + DESSIN capeggiava in rosso. Senza neanche starci a pensare lo presi in mano e la prima scena mi lasciò folgorato: la protagonista sta correndo, inciampa e le si rompe il tacco di una scarpa. Come potevo lasciare lì quel gioiello? All’epoca sapevo appena leggere il giapponese ed andavo ad intuito… Tanto che scrissi una recensione per il sito Smo molto superficiale, non capendo quasi nulla della trama. Al tempo, paragonai Love + Dessin ad Ally Mcbeal: la scena della caduta e del tacco rotto mi fece pensare ad Ally.
Il paragone non è azzeccatissimo: la storia di Satoru Hiura non può minimamente essere messa a confronto con quella piena di personaggi e bizzarrie di Ally, ma per uno come me che non ama particolarmente la comicità giapponese, il solo fatto di essere scoppiato a ridere (appunto, come solo Ally mi aveva fatto fare!) mi fece accostare le due storie e da allora non c’è più stato verso di separarle. Mettiamo in chiaro fin da ora che le due opere non hanno nulla a che spartire, se non una strana comicità. 



Hirono Maki, 17 anni, durante la vigilia di Natale, inciampa e si rompe un tacco della scarpa. Questo la porta a non poter passare la vigilia insieme alle sue amiche. Mentre è sulla metro la sua attenzione viene attratta da un cartellone pubblicitario rappresentante una ragazza e il mare. Nevica sul mare in estate. L’immagine la colpisce tanto che decide di andare al mare anche se è dicembre e fa un freddo boia. Lì, mentre lei sta facendo foto col cellulare su uno strapiombo, un uomo la nota e le corre incontro pensando che la ragazza si voglia suicidare, ma nel tentativo di salvarla, finisce lui stesso in acqua. Da quel momento, la vita di Hirono viene sconvolta dalla presenza di Ren Chitose, l’uomo caduto in mare e art director di un’agenzia pubblicitaria, nonché creatore del cartellone pubblicitario che aveva attirato l’attenzione della ragazza. Fra i due ci sono 10 anni di differenza e non potrebbero essere più diversi: Hirono è esattamente una liceale, anche un po’ capricciosa, mentre Ren è un uomo fatto, con un passato alle spalle che gli è difficile scrollarsi di dosso. Nonostante tutto, prima lei e poi lui, si innamorano l’una dell’altro e da quel momento assistiamo a come Hirono cresce, cambia, si evolve, trova la sua strada, nonostante la presenza ingombrante nella sua vita di un uomo come Ren, famoso nel mondo dell’arte e della pubblicità, algido e scostante, che a tutto sembra interessato tranne che a una ragazzina liceale. Eppure, anche per Ren le cose non sono affatto semplici… Devo essere sincero: pur amando la storia, ho odiato in certi frangenti la personalità di Hirono, pronta a dare di matto per ogni cavolata (forse eravamo troppo simili…), ma solo verso la fine della vicenda mi sono reso conto di come la nostra protagonista fosse cambiata rispetto alle prime pagine del manga, o meglio alla parte centrale del manga dove sembrava che tutto le pesasse più del dovuto. Anche Ren a tratti mi ha infastidito, ma il suo carattere è talmente tridimensionale e talmente lontano dagli stereotipi da manga “guarda che sono freddo solo perché sono figo” che per me è stato impossibile non innamorarmene. La differenza d’età fra i due è palese e sempre presente e il vissuto di Ren rende la sua storia con Hirono molto difficile, ma sta proprio in questo la forza di questo manga: la differenza d’età fra i due character principali. Realizzato con un tratto che sa di manga underground, in soli 4 volumi LOVE + DESSIN dà dei colpi ad opere più blasonate e famose e molto più lunghe nelle quali la noia la fa da padrone. Dall’inizio alla fine, ogni singolo avvenimento è narrato con cura e pur presentando pochissimi comprimari, quei pochi che compaiono sono perfettamente funzionali alla storia. Perfettamente integrati con i protagonisti. La parte dedicata al lavoro di Ren, alla formazione lavorativa e professionale di Hirono, è narrata chiaramente, senza peli sulla lingua, con una dose di sensibilità verso i giovani che intraprendono una carriera e verso chi ce la mette tutta per mantenere un posto di lavoro, che è quasi difficile non pensare che ci sia dell’autobiografico. E se è vero che Satoru Hiura ha dichiarato di aver lasciato indietro molti episodi comici, l’assenza di queste storielle non si sente affatto e mi sento di consigliare questo manga sull’amore e sulla realizzazione nel mondo del lavoro a tutti quelli che sono stanchi dei soliti manga.
La prima edizione italiana di LOVE + DESSIN risale al 2004 e presenta non pochi errori a livello di adattamento e mancanza di cura nel lettering, quando non addirittura interi balloon lasciati vuoti. Si può notare rispetto all’originale uno strano ingrandimento delle immagini (non tantissimo, ma si nota). In seguito il manga è stato ristampato in una nuova edizione. Non ho la minima idea se gli errori sono stati corretti, ma l’edizione ad una visione superficiale si presenta molto migliore. Addirittura è contenuta in un box, che sembra essere il nuovo, che non dispiace neanche, trend editoriale.
Quando lessi l’edizione italiana la prima volta, mi prese un colpo leggendo l’introduzione: io e Anna Marani, la curatrice dell’edizione, avevamo provato esattamente la stessa cosa davanti a questo manga. Al tempo, ero un collaboratore di Dynit e non mi sarebbe dispiaciuto lavorare a un manga che avevo così spinto ad altri editori. Ma ero già al lavoro su Fruits basket e Le situazioni di Lui e Lei e quindi…
Il fatto che questo manga abbia goduto nel giro di brevissimo tempo di una ristampa è sinonimo dell’attenzione che Dynit ha sempre dato ai suoi prodotti, ma soprattutto di un evidente successo di pubblico. Raccontare una storia come quella di LOVE + DESSIN equivale a rovinarne il gusto della lettura quindi mi fermo qui.


L’autrice – Satoru Hiura








Satoru Hiura nasce il 10 Maggio di un anno imprecisato. Debutta su Nakayoshi (la rivista che ha ospitato Sailor moon, Spank, Mermaid melody) nel 1984. Fra le sue opere si possono citare “Playgirl K”, “Tokyo baby game”, “Camella”, “Crazy lover N.6“, “Heart drop”, “Maria” (che vede anche il ritorno in scena di Ren e Hirono) e il recentissimo “Hotaru no Hikari”, giunta al quattordicesimo volume e già trasposta in un drama. La maestra Hiura ama disegnarsi con i baffi.

LOVE + DESSIN è in vendita in fumetteria o sul sito dell’editore

giovedì 26 novembre 2009

Mare sconosciuto



Anche questa volta recensisco una storia breve, realizzata sempre dai ragazzi di Storm in heaven.
Questo Wasurene no language (Linguaggio indimenticabile) è stato pubblicato su Asuka, rivista di Kadokawa che ospita anche le famosissime Clamp. I manga di Asuka sono generalmente shoujo abbastanza diversi da quelli che uno si aspetterebbe: i temi trattati sono infatti magia, fantasy, alcune storie presentano qualche punta di shonen ai (amore fra ragazzi), basti pensare all’incompiuto X delle Clamp (si vocifera di un finale, ma non ci metterei il primo volume di Lady Oscar sul fuoco), che è un continuo festival di teste mozzate, terremoti e catastrofi, o al bellissimo fantasy shoujo ai (amore fra ragazze) La spada di Paros di Yumiko Igarashi, l’autrice di Candy Candy, in uscita questo mese per GP Publishing.
E per quanto io preferisca i manga di altre riviste ed editori, meno fantasy e che corrono su binari più quotidiani e tradizionali, di tanto in tanto mi lascio coinvolgere dalle storie di Asuka (non a caso Paros, X e qualche altro inedito –Eriko densetsu di cui in Italia abbiamo visto l'anime con il titolo di Ciao Sabrina- sono fra i miei manga preferiti) come nel caso di questo racconto breve, disegnato con un tratto che ricorda più uno shonen che uno shojo, ma che è indubbiamente curato e accattivante.
Il tema di questa storia è la solitudine. Una solitudine profonda. Perché quando a causa del lavoro di tuo padre, sei costretto a trasferirti da un posto all’altro, sicuramente il tempo per fare amicizia, per conoscere qualcuno veramente non ce l'hai, e l’unica consapevolezza che ti resta è che la gente ti dimenticherà. Sono finiti i tempi d’oro di Lulù, che passava da un punto all’altro del mondo, ed era sicura che le persone che aveva incontrato l’avrebbero sicuramente ricordata per sempre. Oggi, complice forse una vita frenetica, volti, nomi e persone, specialmente le persone timide, ci passano accanto e diventano ombre… Ed è in questa maniera che si sente Yuuki, che è sempre stata sola a causa dei continui trasferimenti e che capita in un villaggio di pescatori, dal quale sa già andrà via presto, tanto che decide di restare sola perché già consapevole che quando sarà andata via tutti la dimenticheranno. A colpire la sua attenzione è però Yanagi, un ragazzo della sua scuola dal carattere scontroso, che è preso in giro da tutti a causa del nonno convinto che le sirene esistono. E in un paese di pescatori quale quello in cui vivono Yanagi e Yuuki, le leggende sulle sirene sono molto più comuni di quanto si creda. E se le sirene esistessero davvero? O forse è solo la profonda solitudine di questi due adolescenti ad avvicinarli l’uno all’altra? 




Wasurene no language è scaricabile qui

Guida alla lettura:


- I suffissi onorifici chan e san sono una particolarità della lingua giapponese. Ne esistono anche altri, ma in questa storia ne troviamo tre: chan, san e kun.
Chan si usa come vezzeggiativo. Solitamente si usa fra i bambini ma anche fra persone che hanno molta confidenza, come madre e figlio o fra fidanzati.
San è molto più rispettoso e corrisponderebbe più o meno a un nostro "signor" o "signora", ma non sempre è possibiel tradurlo in questa maniera dato che ci si rivolge con san anche fra compagni o con coetanei con i quali non si ha grande confidenza. 
Kun è usato solitamente fra compagni di scuola o amici.
(Grazie a Fabio per la segnalazione)


L’autrice – Sumomo Yumeka
Sumomo Yumeka è lo pseudonimo di una mangaka (fumettista) conosciuta come Mizu Sahara e Sahara Keita. Solitamente con il nome Yumeka firma gli shonen ai e gli yaoi, mentre con il secondo pseudonimo i seinen (manga per adulti) e col terzo gli shojo. E’ famosa, oltre per le doujinshi (fanzine) su Gundam wing, e anche per un buon numero di volumi, alcuni pubblicati anche in occidente, ma soprattutto per il manga Hoshi no koe (La voce delle stelle) tratto dal cortometraggio che Makoto Shinkai ha realizzato quasi completamente da solo. La sua serie My girl è diventata un drama (telefilm) nel mese di ottobre 2009 per TV Asahi e ha per protagonista il celebre Masami Akiba del gruppo J-pop Arashi.

Altre opere dell’autrice pubblicate in italiano:
La voce delle stelle (come Mizu Sahara) da D/Visual
My girl (come Mizu Sahara) prossimamente da J-pop

Altre opere dell’autrice in scanlation in italiano:
Bus Hashiru  (come Mizu Sahara) - Incompleto

Natsukashi Machi no Rozione (come Sumomo Yumeka)



giovedì 19 novembre 2009

Non ci resta che sospirare...




Mi ero ripromesso di cominciare con una storia di cui ci fosse ben più di un volume in giro, ma  fra le centinaia di serie e one shot già pubblicati, questo di Yukari Ichijo ha rappresentato per me un vero e proprio colpo di fulmine e quindi alla fine la scelta è ricaduta quasi naturalmente su “Il motivo per cui sospiro” (titolo originale: “Dakara boku wa tameiki o tsuku”), storia tanto breve quanto intensa, ma soprattutto pubblicata dal gruppo Storm in heaven il 9 di Novembre, quindi freschissima, e dalla veramente alta difficoltà di pubblicazione ufficiale su suolo italiano.
Un’altra motivazione che mi ha spinto a scegliere una storia breve come prima recensione è stata proprio la brevità della lettura: sicuramente molti lettori di questo blog non sono abituati a leggere scanlation, tantopiù che i manga come sapete vanno letti da destra verso sinistra, quindi con un senso di lettura che rispetto al nostro è completamente ribaltato. Questa mia puntualizzazione farà storcere il naso a molti: è dal 1995 che in Italia si leggono i manga all’orientale, quindi forse non c’è più bisogno di questa spiegazione. Ma non solo c’è da ricordare che le pagine delle scanlation vengono visualizzate singolarmente e un lettore distratto o non abituato potrebbe facilmente dimenticarsene (a me capita spesso il contrario quando rileggo i vecchi manga ribaltati), ma di sicuro in questo blog incapperanno lettori probabilmente non avvezzi alla lettura dei manga e una bella spiegazioncina ci sta tutta, in fin dei conti ancora sulle edizioni italiane dei manga dopo tanti anni troviamo dei redazionali utili a guidare il lettore proprio nella lettura all’orientale. Questo piccolo appunto finisce qui e adesso diamo il via alla recensione vera e propria…
Fin da piccolo Kyou è stato circondato da donne bellissime ed è sempre stato corteggiato e ricercato, addirittura ha avuto la sua prima esperienza con la sua tutrice in sesta elementare, a soli 12 anni. Il destino è spesso crudele e si prende beffa di noi e così il nostro Dongiovanni si ritrova innamorato di Mako, una ragazza che sembra nutrire un profondo odio per gli uomini… Ovviamente, la cosa non finisce qui, perché la sessualità di Mako è profondamente centrale nel capire il “motivo per cui sospira” Kyou e quindi non posso addentrarmi più di tanto nella trama senza fare troppi spoiler, ma vi dico solo che per l’eleganza e la raffinatezza con cui in sole 55 pagine viene trattato un tema così profondo come l’identità sessuale e l’innamoramento “impossibile” vale la pena di perdere una ventina di minuti a leggere questa bella storia.
L’edizione italiana è ottima: in Storm in Heaven sono dei veterani e si vede, anche a fronte di un adattamento italiano ottimo e veramente senza sbavature, ottenuto dall’edizione inglese realizzata dal gruppo Lililicious. L’unico appunto possibile è forse il lettering: a volte troppo appiccicato ai ballon (e da letterista mi rendo conto di quanto a video la cosa sia spesso impossibile da individuare) e che lascia troppo spazio vuoto nel ballon, ma questo particolare non disturba la lettura ed è veramente forse l’unico appunto che si possa fare a questa storia, che sembra realizzata oggi, ma in realtà pubblicata sul numero 2 della rivista Chorus di Shueisha dell’Aprile 1993 e successivamente ristampata nel volume 14 di “Yuukan club” (l’opera forse più famosa dell’autrice) e nell’antologia “The best of Yukari Ichijo”



Il motivo per cui sospiro è scaricabile qui



Guida alla lettura:

- Il protagonista di questa storia è un maschio, Kyou, e qui ci riallacciamo al primo post in cui accennavo alla varietà di temi e generi legati allo shoujo manga, solitamente accusato di avere per protagoniste solo boccolose ragazze tutte lacrime.

- Kyou a pagina 1 parla di “sesta elementare”. In Giappone il sistema scolastico è differente dal nostro, forse per questo ad alcuni di voi sarà sembrato strano sentire da personaggi degli anime o dei manga “Ho 14 anni e frequento la seconda media...”. Nessun asino da bocciatura alle elementari, solo un sistema scolastico differente dal nostro che comprende sei anni di scuola elementare, tre di medie e tre di superiori.

- La madre di Kyou chiama il marito “papà”. E’ usuale nelle famiglie giapponesi chiamarsi con l’appellativo relativo al proprio ruolo in famiglia.

- Omotesando è una strada di Tokyo molto famosa per i negozi di grandi firme dell’abbigliamento. E’ parte del quartiere di Harajuku.

- Avendo vissuto a Tokyo per un po’ e avendo avuto un’esperienza abbastanza ampia sulla vita omosessuale locale, ho notato che a Tokyo i locali gay o per travestiti sono praticamente concentrati tutti a Shinjuku Nichome, ampia zona del quartiere di Shinjuku. E’ quindi ipotizzabile che il locale in cui vanno i nostri protagonisti si trovi proprio a Nichome. A questo punto c’è da chiedersi: perché delle ragazze portino Kyou in un locale per travestiti. Non è difficile, aggirandosi per le vie di Nichome, incrociare gruppi di ragazze eterosessuali che per non essere disturbate da ubriaconi molesti se la spassano nei locali gay. Qui la mia personale avventura con queste ragazze!




- In Giappone si è maggiorenni a vent'anni. Non è strano che i liceali lavorino, solitamente part-time, in locali, bar o negozi. Spesso, però, come Kyou si può diventare modelli a tempo perso: non è difficile che girando per Shibuya o Harajuku, i fotografi delle riviste fermino i ragazzi e le ragazze per servizi fotografici. Mi è successo anche questo...

- Giselle è un balletto classico-romantico, famoso per essere il primo balletto le cui musiche furono composte appositamente. La storia narra di Giselle, una popolana, che si innamora di Albrecht, altro popolano che  è in realtà è un principe, e il cui amore per l’uomo la porterà alla pazzia e alla morte.


L’autrice – Yukari Ichijo



 

 








Nata il 19 settembre del 1949 ad Okayama, è una delle maestre del mondo degli shoujo. Ha debuttato nel marzo 1968 sul numero 3 di Ribon con Yuki no serenade (Serenata di neve), distinguendosi fin da subito per i colori acidi delle sue illustrazioni, nonostante il suo stile somigliasse a quello di quasi tutte le altre autrici attive negli anni 60. Il suo stile si è evoluto nel tempo passando dal classico anni 70, alla sicurezza degli anni 80, fino a raggiungere un discreto realismo negli anni 90. Nel 2008 ha festeggiato 40 anni di carriera. La sua opera più famosa è Yuukan club, dal quale è stato tratto anche un drama (telefilm) e che le ha fatto vincere nel 1986 il Kodansha manga award. Nel 2007 è stata premiata al Japan arts media festival con Pride.

Altre opere di Yukari Ichijo disponibili in italiano:

Maya’s funeral procession su SMO project


mercoledì 18 novembre 2009

Benvenuti...


Fin da piccolo ho sempre amato il mondo del fumetto e un posto speciale nel mio cuore, quando ancora non sapevo leggere, lo occupavano Il giornalino di Candy Candy e Il corriere dei piccoli, “giornaletti” (come venivano “amabilmente” chiamati ai tempi le riviste a fumetti) popolati da eroine femminili che mi attraevano, mi portavano in mondi sconosciuti e mi facevano sentire parte, nonostante non fossi una femmina, di un mondo molto più interessante e pieno di sfaccettature di quello tutto botte dei maschi. A quel tempo, Candy e il suo coraggio (nonché i suoi stivaletti!), Lady Oscar e i suoi tormenti, Georgie e la sua odissea, Alice e il suo amore per il piano, Luna e la ricerca delle sue origini, Aika e il suo compagno di giochi Spank, Lady Mitchelle e il suo amore per la danza erano ai miei occhi di bambino molto più interessanti di tutti i vari robottoni (che pure amavo, attenzione!) e super eroi (non a caso amavo e amo ancora oggi gli X-men, dal cast femminile fortissimo e dai super-problemi molto più interessanti –allora molto più che adesso- di quelli dell’Uomo ragno!). Al tempo non potevo sapere che tutte quelle eroine erano, anzi sono parte di un mondo vastissimo denominato “shoujo manga” nel quale fanno bella mostra storie diversissime fra loro, anche fantascientifiche, per fare un esempio che potrebbe incuriosire il lettore italiano, che con l’amore avevano ben poco a che fare, anzi spesso gli argomenti degli shoujo manga (termine con il quale intendo anche i famosi Josei, ossia i manga per donne adulte) erano stupri, amicizia, sport, avventura, l’amore in molti casi risultava un mero pretesto e in altri casi, ma se siete qui sicuramente lo sapete, veniva trattato in maniera nuda e cruda, da autrici attente e impegnate…
Ho creato questo mio spazio virtuale (sicuramente alcuni di voi arrivano da Il paleozoico nel mio corpo, il mio blog “ufficiale”) per dar voce a queste autrici che spesso nel nostro paese non possono essere pubblicate, vuoi per scarso interesse di pubblico, vuoi per le tematiche o anche solo perché il panorama dello shoujo manga è così vasto che azzeccare le autrici giuste è sempre un terno al lotto.
Fortunatamente, negli ultimi anni, ci sono stati editori forti e attenti che hanno dato il giusto peso a titoli così importanti nel panorama della letteratura al femminile, basti pensare alla collana Manga San di Kappa edizioni che schiera delle autrici che sarebbero rimaste per sempre nel limbo editoriale italiano: Ebine Yamaji (dalle storie a tema lesbico) e Youko Shouji (maestra dello shojo manga anni 70/80, in Italia sconosciuta) o all’opera difficile Questo non è il mio corpo della veterana Moyoco Anno. Oppure pensiamo alla Magic press che ha lanciato in libreria Itazurana kiss di Kaoru Tada (autrice di Kiss me Licia), un titolo che ben pochi lettori italiani conoscono ma che in patria è considerato la bibbia degli shoujo manga. Questo per citare solo due degli editori italiani più coraggiosi.
Ad affiancare gli editori, troviamo gli appassionati: il fenomeno delle scanlation è sempre più vasto e conosciuto, da ogni dove sorgono gruppi di fan di questo o quel manga che sono ben lieti di aiutare chi vorrebbe leggere dei titoli che per i più disparati motivi non sono né saranno pubblicabili nel nostro bel paese o anche solo al di fuori del Giappone. Ma attenzione, alcuni di voi potrebbero pensare “Ma questa è pirateria bella e buona!”… Eh, no! Perché i gruppi di scanlator lavorano con gusto e garbo, stando sempre ben attenti che i titoli da loro (gratuitamente, ricordiamocelo!) tradotti non siano stati licenziati nei paesi in cui operano. E quando questo accade, anche i capitoli precedentemente approdati sul web spariscono, esortando il lettore a comprare l’edizione in volume. Insomma, il mondo degli shoujo manga ha anche questo punto a favore: il garbo e la costanza, nonché l’impegno e la passione… Essendo io un lettore, ma anche un “addetto ai lavori” (e nonostante 9 anni di carriera nel mondo del fumetto, ancora mi fa un certo strano effetto pensare a me come a un “addetto ai lavori”), molto spesso le scanlation mi sono state utili per trovare titoli che mi attraessero e da consigliare agli editori con cui ho lavorato, per sapermi orientare in un mondo che tanto mi ha dato, perchè pur conoscendo il giapponese, è davvero impossibile per me leggere in lingua originale tutto e in questo le scans mi sono state di grande aiuto, spesso illuminandomi su titoli e autrici. E’ per questo che con questo blog di recensioni ho voluto elargire il mio piccolo omaggio al mondo delle scanlation segnalando titoli interessanti dai vari gruppi, ma anche al mondo degli shoujo “ufficiali”, cioè quelli che vengono pubblicati in edicola e in libreria ma che potrebbero passare inosservati… In poche parole, se la mia opinione può contare qualcosa, spero di essere d’aiuto ai vari gruppi nel darsi visibilità, agli editori nel ricercare serie interessanti e ai lettori attenti e svegli che cercano un’alternativa valida alle solite storie. Io mi metto comodo e comincio a leggere…